giovedì 12 marzo 2009

Francesco Alberoni: “Negli ultimi vent’anni molti sociologi erano convinti di aver identificato la tendenza evolutiva della nostra società. Questa da agricola è diventata industriale, poi post-industriale e, infine, post-moderna. Nella società postmoderna, ci spiegavano, spariscono non solo le ideologie ma tutte le certezze e lo stesso «principio di non contraddizione» per cui non dobbiamo più decidere se è vero questo o quello, sono veri tutti e due. Realtà ed illusione si confondono, non conta la realtà oggettiva ma solo l’immagine, l’apparenza.

Perde di importanza lo Stato nazionale come fonte di certezze, non c’è più bisogno del Welfare State. La gente si raggruppa in tribù, attorno ad una squadra di calcio, ad un blog, ad una marca. Secondo alcuni non si deve neppure più parlare di cittadini, ma di consumatori. Non si guarda al futuro, l’azienda vuole risultati a breve. Non ci si arricchisce facendo buoni prodotti, ma con astute operazioni finanziare. Tutto è provvisorio, liquido. Si cerca il successo subito, la notorietà subito, il piacere immediato, non importa come. Dominano l’individualismo e l’edonismo. Questa diagnosi su cosa sia e dove stia andando la nostra società è stata insegnata come dogma nelle università, nei master, nei seminari fino all’estate scorsa. Solo oggi incominciamo a renderci conto che quella che veniva descritta come tendenza storica era, in realtà, il sintomo di una malattia. Sono state proprio l’indifferenza al futuro, l’incapacità di prevedere, la ricerca del profitto a breve termine, le spregiudicatezze nelle operazioni finanziare tanto ammirate a scatenare la crisi mondiale. No, il postmoderno non rappresentava il domani.

Oggi ci rendiamo conto che continua ad esserci differenza fra reale e immaginario, fra realtà e apparenza. Ci sono banche e imprese che falliscono realmente, ci sono disoccupati veri, poveri veri, e occorrono investimenti veri, non immaginari. Il principio di non contraddizione non è scomparso perché bisogna fare davvero delle scelte, prendere davvero delle decisioni. Il consumatore non è più il re capriccioso di ieri, deve fare i conti con precisione. E tutti tornano a guardare allo Stato, a chiedere aiuti e certezze allo Stato, per prime le orgogliose banche e le grandi imprese.

Ciascuno di noi torna a progettare con accortezza, con vigilanza. E non sopportiamo più il lassismo, il press’a poco, le chiacchiere. Chiediamo realismo, precisione, rigore, concretezza”.

 

Il discorso ideologico del profeta ridotto all’osso è: Cattolicesimo umano.

 

Impulsi suicidi. Lì lì non ne ravvisa l’autore.

 

I demoni credono ma non amano. Quanti credenti sono demoni.

 

Mercoledì 11 marzo. Al mattino il certosino dedica la giornata a Gesù come Dio degli angeli. A sera, di ritorno a Monopoli, in auto, nonostante il rumore del traffico, per la durata di 20 minuti, ode più volte nel cavo dell’orecchio le primissime movenze del celebre Lied natalizio Stille Nacht di Joseph Mohr e Franz Xaver Gruber: “Astro del Ciel, pargol divin, Mite agnello, Redentor, Tu che i vati da lungi sognâr, Tu che angeliche voci annunziâr, Luce dona alle menti, Pace infondi nei cuor”. Sono voci non identificabili nel loro genere sessuale: donne? bambini? maschi? Sottilissime lontane siderali purissime. Più suoni che voci, non ricostruibili mnemonicamente.

Il certosino più tardi rifletterà. 1) Gesù è nato in primavera? 2) Gli angeli sono araldi di novità: la figura del profeta dei profeti sta per affiorare ufficialmente.

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