PACIFICI MA NON PACIFISTI

Intervento pubblicato su:

  • ll periodico monopolitano “Portanuova” n.51 – agosto
  • l quotidiano “Il Sannio” del 13 agosto 1999
  • Il quotidiano “Ottopagine” del 21 agosto 1999

L’infernale rosario del Kosovo (fosse comuni, forni crematori, camere di tortura) ha confermato la giustezza e il rigore della mia posizione, già da subito antipacifista. “Ultime notizie”, testata di “Avvenimenti”, (lettissimo a Roma, Modena, Reggio Emilia) registrava, nel numero del 1° maggio, il mio intervento, antitetico a tutto il coro pacifista: Acli, Scout, Gruppo Abele, Pax Christi, Beati costruttori di pace, gli studenti di Azione cattolica. Tutti Wojtyliani, spesso in modo interessato e cortigiano. Personalmente ho un altissimo concetto del ministero papale, purché ne siano chiari i limiti teologici e antropologici, secondo le indicazioni della grande tradizione e della più alta teologia. Nessun uomo è Dio e onnisciente.

Molti vescovi antipacifisti hanno taciuto per paura di Roma. Siamo -è chiaro- alle solite. A Roma bisogna ubbidire sempre e comunque. Le sue opinioni teologiche, etiche, politiche equivalgono a dogmi.

Se Karol Wojtyla, sull’emergenza Kosovo, avesse sostenuto l’« ingerenza umanitaria» , come sulla Bosnia, le stesse forze cattoliche, di cui sopra, sarebbero state interventiste con pari disinvoltura.

Il servilismo e l’adulazione del papa di turno è il cancro dei cancri della Chiesa cattolica. Molti sono i cattolici, che hanno questa strana gerarchia dei valori: prima il papa e la Madonna, poi semmai Gesù Cristo, alla fine Dio (al Quale non è, fra l’altro, dedicato alcun santuario e alcuna festa).

L’articolo di Fabio Santolini riporta la mia distinzione fondamentale fra l’essere pacifici e l’essere pacifisti. Il pacifico nutre sentimenti di pace, mentre il pacifista fa della pace un’ideologia assoluta, cui sacrifica la giustizia delle cose. In concreto: personalmente non ucciderei mai un uomo. Ma nel caso in cui un pedofilo è sul punto di ammazzare un bambino, malgrado me e i miei princìpi pacifisti, ammazzo, se necessario, il pedofilo.

Nessun principio è assoluto, neppure quello della pace. Il nostro assoluto è solo Dio. Certo, bisogna avere dei princìpi, servirsene, giammai servirli. Il fine è sempre l’Uomo, che non è soltanto Spirito, ossia universalità, ma anche Carne, cioè Circostanza e circostanze. E’ ancora Lui, nella sua complessità, la norma concreta e prossima di ogni etica autentica, che è sempre dotata di due polmoni: quello dei princìpi e quello delle cose. Ad immagine appunto dell’Uomo, che il caro Remigio Ferretti, sciamano delle parole, definiva connubio di cervello e cuore, prisma dalle molteplici facce. In termini più filosofici, incontro fra l’universalità e l’astrattezza necessaria e inevitabile dei princìpi e il molteplice delle cose.

I puri princìpi creano dei fanatici. La pura realtà (molto impura!), invece, produce eterni prammatisti. La sintesi princìpi-realtà, infine, i sacerdoti dell’Umano, nel senso più radicale e vasto del termine.

Gesù nella Sua prassi esempla questa dialettica etica e questa etica dialettica. Uomo di princìpi e delle eccezioni al tempo stesso, secondo la felice definizione di Oscar Wilde. Da un canto dichiara l’indissolubilità del matrimonio, dall’altro apre al divorzismo moderato, opponendosi al divorzismo corrivo del Suo tempo. Rinvio il lettore, tentato d’incredulità, al capitolo 19 di Matteo, al versetto 9. L’apertura di Gesù è sapientemente “silenziata” dalla catechesi e dal Catechismo, spesso reazionario sul piano etico, quantunque giustamente conservatore sul piano dommatico.

Quanto a noi cristiani, siamo chiamati ad imitare Dio, che, incarnandosi, s’è calato dal cielo delle astrazioni nella carne e nel sangue della Storia e della cronaca. L’unico dogma di Dio è l’Amore. La nostra fede deve diventare sempre più radicale sino a farsi contemplazione e mistica, esperienza saporosa e quasi tattile dell’Amore di Dio. Solo i Contemplativi, coloro che tuffano cuore e occhi negli abissi e persino negli anfratti di Dio, conquisteranno la terra e il cuore degli uomini, come i Miti del Vangelo.

Il cristianesimo del terzo millennio non si giocherà sulle “masse oceaniche” di tragica memoria, sul potere e sulle pressioni politiche, ma sul sorriso, il riso e la grinta dei cristiani contemplativi e profetici. Intervenienti sulla realtà e nella realtà, solo dopo aver respirato l’aria frizzante e tonica delle vette Divine. Illimpiditi nell’intelligenza dalla Verità musicalissima di Dio. Capaci di giudizi storici partecipi della Luce divina. Di prassi politiche creative e osanti, sulle orme mobili del Maestro, nella luce futurale dello Spirito.

Ai Suoi apostoli e alla Sua chiesa seriosi e politicisti Gesù propone la figura freschissima del Bambino. La cui essenza non è il Potere, ma l’Amore. In questo senso il Bambino ascende a paradigma di tutto il Vangelo, che è il Cantico dei cantici dell’Amore in tutte le sue forme ed esigenze, sino alla morte come puro dono di sé. L’Amore, principio dei princìpi, fonte della stessa razionalità nei Santi, superiore alla stessa fede. Se attraverso la fede siamo salvati, attraverso l’amore siamo plenificati. Se attraverso la fede siamo purificati, attraverso l’amore siamo divinizzati.

Per amore (dell’Uomo) i primi cristiani rifuggivano dalle armi; per amore (della Francia) Giovanna d’Arco, la leggendaria pulzella d’Orleans, impugnava le armi contro gli inglesi aggressori. Per amore del popolo kosovaro e serbo, per amore della pax europea e mondiale, Milosevic andava fermato. Filoamericanismo il mio? No, ho sentito e giudicato semplicemente nello Spirito, anticipando il giudizio della Storia.

Thomas Moore, in “Nel chiostro del mondo”, libriccino aureo, modula una parabola lucentissima.

Sul far del crepuscolo (l’ora più magica e visionaria secondo l’esoterismo) un candidissimo pellegrino si ritrovò d’improvviso dinanzi ad una splendida abbazia medievale, cui lavoravano monaci-muratori (angeli?). Ma il suo stupore fu al colmo quando s’avvide d’una stranezza singolarissima: i monaci stavano demolendo l’abbazia. L’abate, che dirigeva i lavori, fornì all’incredulo pellegrino il Divino motivo: « Demoliamo perché l’abbazia impedisce la vista dell’aurora ormai prossima a rivelarsi» .

L’Aurora è il nostro compito di cristiani di oggi e di domani. La passione di una Chiesa profetica e non più medievale. Il Dono dell’intercessione degli Angeli a noi uomini e monopolitani del 2000.

Sac. Dr. Franco Ratti

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