GIUBILEO E CREPUSCOLO

Intervento pubblicato su:

  • il quotidiano “Il Sannio” del 6 dicembre 1998
  • il periodico “Neo-Agorà” novembre/dicembre 1998
  • il settimanale “Adista” del 30 gennaio 1999
  • il periodico “Nuovo Meridionalismo” gennaio-marzo 1999
  • il periodico “Il Tetto” gennaio-aprile 1999
  • il settimanale “La Rinascita” del 9 luglio 1999
  • il periodico “Sulla Strada” n.50 – marzo/giugno 2000

Monopoli, 20 novembre 1998

La Chiesa si appresta a celebrare il Giubileo riesumando tutto il trionfalismo preconciliare, religioso, politico, economico, mediatico. Siamo lontani dallo spirito e dallo stile evangelici di Giovanni XXIII, autentico Papa profeta. Uomo che conquistava i cuori senza grandi e dispendiosi viaggi missionari. Con la semplicità e la sapienza del cuore, con l’esperienza luminosa di Dio, col sorriso scaturente da uno spirito armonizzato e pacificato dalla Grazia. Uomo della comunione, non della comunicazione e del presenzialismo ad ogni costo.

Eppure le fondamenta di questa Chiesa, vistosa come una prostituta, sono scosse dallo Spirito di Dio e dalla forza della Storia. Contro i bastioni, solo in apparenza possenti, s’abbattono come marosi i problemi irrisolti: dal celibato coatto dei preti alla visione manichea del sesso, dal rifiuto della donna-prete alla concezione e alla prassi di un potere imperiale e ducesco, anziché partecipativo e sinodale, esteso ai cosiddetti “laici” (termine equivoco ed equivocante) resi finalmente corresponsabili.

L’uomo di oggi non può riconoscersi nella recente enciclica “Fides et ratio”, grondante ideologismi scolastici e priva, come sempre, di respiro biblico. Sensibile sino alla vulnerabilità, riscopre le valenze del sentimento, dell’intuizione, della “visione”, pur coltivando la più lucida razionalità tecnoscientifica. Avverte in sé tremori orfici, rilegge empaticamente le intuizioni della Grecia preclassica, la Grecia di Orfeo e di Museo, contempla la spiga silente dei misteri eleusini. Ritrovando la sua essenza sulla lamina tessala del IV (?) secolo a.C.

“Chi sei? E donde sei?”

“Son figlio di Terra e di Cielo stellante”

No, l’uomo di oggi non è quello di Wojtyla: tutto “ratio et voluntas”, chiuso alle illuminazioni della psicanalisi, in fuga dalla propria autenticità, sovrastrutturato, capace solo di autodisciplina e di ubbidienza, anziché di ascolto e di responsabilità.

Mai come oggi l’Amore va riconosciuto non solo principio morale ma innanzitutto principio metafisico e gnoseologico. Chi ama conosce. Tutti siamo chiamati a questa conoscenza superiore, sovrarazionale, sapienziale, mistica, “cordiale”.

Parmenide (540-470 a.C.), l’oscuro e fiammeggiante Parmenide, nel frammento 16, citato da Aristotele, divinamente afferma: “La conoscenza, che avviene a causa del caldo, è migliore e più pura”.

Sì, un pagano può dire, sul piano antropologico, cose sublimi a differenza di qualche Papa.

Tornando all’enciclica. Non abbiamo il diritto di liquidare con occhio manicheo tendenze ed umori culturali, frutto dell’”Anima” contemporanea. Basta con gli “ex cathedra”, basta con la saccenza e la supponenza di chi pretende di conoscere ogni verità, anziché limitarsi alla Verità, al Vangelo, al messaggio del Cristo, così come è stato formulato (“sine glossa”: direbbe Francesco) e soprattutto vissuto dal Figlio di Dio.

Dobbiamo porci umilmente accanto agli uomini come Gesù, il Risorto, sulla strada di Emmaus. Dobbiamo offrire la nostra fede e il nostro amore “disinteressatamente”. Questo avverbio è decisivo, onnideterminante: ne dipende in futuro l’accettabilità della Chiesa da parte degli uomini. Mi urge l’immagine ispiratissima, che don Tonino Bello, il vescovo cattolico-“evangelico”, dà della Chiesa: “fontanella del villaggio”. Che offre da bere ad ogni viandante, senza pretendere nulla in cambio.

Sì, non abbiamo bisogno di Papi politici e mediatici, di papi perennemente infallibili (contro ogni evidenza storica). Di papi stars, che convochino folle e non convertono nessuno (se non al papismo). Di papi profondamente a disagio con un Occidente considerato corrotto, che vedono nel Terzo mondo e negli infiniti Terzi mondi, affamati e necessariamente acritici, l’allettante possibilità di impiantare una Chiesa senza problemi e senza riforme, imperialpapista e clericale. Non abbiamo bisogno di papi, che fondino il proprio e altrui cattolicesimo sull’idolatria della propria persona e del proprio ministero. (Lutero, profeta cattolicissimo, costernato, gridò all’Anticristo).

Sogno (ma con rigore profetico) un Papa, che s’affacci alla TV in maniche di camicia, con moglie e figli. Che annunci: “Non ho più niente, né Stato Vaticano né nunziature apostoliche. Ma in compenso ho tutto, perché credo nel Vangelo”. E soprattutto dica: “Non chiamatemi Santo Padre, perché uno solo è Padre, uno solo è Santo”.

Non mi faccio illusioni. Sono cosciente del fatto che Wojtyla ha piazzato ovunque vescovi e cardinali wojtyliani. Il tipo di successione è già deciso. Al tempo stesso sono ispirato a dichiarare che solo una Chiesa, che raggiunga il fondo della sua cecità storica, rischiando macroscopicamente di essere rigettata dagli uomini come ghetto e setta, potrà ritrovare la vitalità incendiaria delle sue origini.

Straordinarie le considerazioni di Heidegger sul crepuscolo di Hölderlin.

Sì, la luce crepuscolare è palesemente esigua. Ma la notte la raccoglierà nel suo seno per elaborarla in luce purissima e trionfante: quella dell’alba e dell’aurora. Sì, la notte ecclesiale, nel piano di Dio, ha una funzione singolarmente provvidenziale, direi salvifica. Questa la mia speranza, questa la mia certezza. Divina.

Sac. Dr. Franco Ratti