I PRETI PEDOFILI E L’OBBLIGO DEL CELIBATO

Trascriviamo l’esemplare risposta di Corrado Augias alla lettera di d. Franco Ratti, apparsa su “La Repubblica” dell’1 novembre 2006:

“Il caso dei preti pedofili mi sembra una tragedia da qualunque parte la si guardi. Da una parte, e in primo luogo, ci sono ovviamente le vittime, bambini che per vergogna, timidezza, metus, non osano reagire di fronte a violenze che in genere cominciano nel modo più subdolo, carezze all’apparenza innocenti.
Dall’altra parte ci sono gli stessi sacerdoti ai quali viene imposto uno spietato voto di castità che molti evidentemente non sono in grado di reggere. La chiesa cattolica è un’organizzazione sovrana responsabile delle sue scelte. Si può però far notare che il celibato dei preti non fa parte della teologia, è una norma regolamentare che, con un’altra norma, potrebbe essere abolito anche dall’oggi al domani. Se, com’è probabile, il celibato è stato introdotto per ragioni di convenienza economica della chiesa, le stesse ragioni potrebbero prima o poi consigliare di abolirlo. Dal 2002 in poi, i casi di pedofilia scoperti sono stati migliaia, di conseguenza, sono migliaia i risarcimenti chiesti alla chiesa che hanno causato crisi di dissesto finanziario per grandi diocesi, oggi sull’orlo della bancarotta, nonché ipoteche bancarie su seminari e cattedrali.
Nel 2002 la BBC mandò in onda il documentario «Far causa al Papa» che per la prima volta raccontava i crimini sessuali commessi in Irlanda, a Ferns. La conclusione del «Rapporto Ferns», stilato da autorevoli esperti, era stata unanime: causa principale dello scandalo è il celibato dei preti.”

 Cui va aggiunto l’approfondimento su “La Repubblica” di mercoledì 8 novembre, sempre nella rubrica “Lettere”:

“Ho ricevuto sul problema un contributo dello psicoanalista Franco De Masi che è tra l’altro autore (Bollati-Boringhieri) dello studio “La perversione sado-masochistica”. De Masi parte dalla premessa che ogni essere umano ha diritto alla sessualità divenuta ancora più importante dopo la caduta delle ipocrisie che la circondavano grazie anche al contributo del pensiero psicoanalitico. Con la pedofilia abbiamo una sessualità aberrante che procede nell’assenza di sviluppo e di capacità d’una vera sessualità. Per “vera sessualità” s’intende un rapporto in cui l’attrazione fisica è solo una delle componenti del desiderio di unione psichica ed emotiva con la persona amata.
Che cosa chiede la Chiesa ai suoi sacerdoti? Che il prete non abbia una vita intima e sentimentale. Il suo oggetto d’amore è la comunità, non può esserci legame privilegiato con una persona. Di fatto l’ideale religioso non si incontra con la realtà psichica, se è vero che il 50% dei preti non mantiene il voto di castità. La richiesta di celibato fa sì che facilmente vengano selezionati coloro che non avendo mai provato desiderio sessuale, rinunciano a qualcosa che non conoscono. A distanza di anni la sessualità può risvegliarsi in forme imprevedibili. Il giovane prete non inganna il superiore: aveva solo rimosso o meglio dissociato la propria sessualità.
Nel caso della pedofilia ci troviamo di fronte a un vero disturbo mentale che ha molte analogie con la perversione. Lo stato d’animo del pedofilo è simile a quello del delirante. I pedofili dichiarano di voler far felici i bambini offrendosi loro come tramite per raggiungere l’estasi sessuale.
Negare la sessualità da parte della Chiesa al momento della scelta sacerdotale trova più pronti coloro che l’hanno abolita o che la coltivano in forme segrete. L’analisi del dottor De Masi fa capire la vastità del problema e l’urgenza di trovare, per la salvezza di tanti bambini, una soluzione che non siano solo buone parole.”

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