lunedì 19 maggio 2008

E’ sempre più l’ora di Satana e dei suoi demoni, che scorazzano in ogni sito umano ed ecclesiale. Tenebre spesse, vive, tattili, tracimanti, infestanti, globali, fulgide.

Mentre Roma caca liturgie perfette e preti e frati concupiscono decoro e ordine, imbellettando cadaveri.

Sul guano generale vulvano le scarpette rosse del tronista Traditore.

 

Ss. Trinità, domenica 18 maggio, ore 5,10.

Si scagliarono su e contro di lui. Strusciarono sul suo dorso e sul suo petto. Palpeggiarono il culo e strizzarono l’organo. Erano come un groviglio di serpi, sensuose e viscide. Quasi un organismo unico. Forme spirituali carnalissime.

Il certosino invocò energicamente la Trinità. Sidissolsero.

 

Al certosino Gesù dava il dono delle esperienze spirituali e quello della loro ermeneusi e trascrizione. Per la chiesa e per l’umanità.

 

Capì quasi subito il nesso fra la solennità della Trinità e l’esperienza demoniaca (nel suo caso più rara rispetto a quella diabolica).

I Tre Divini confluiscono nell’unità perfetta. I demoni invece in unità caotica (groviglio di serpi, quasi organismatico).

 

Quando i demoni appaiono a qualcuno non sono visibili e sensibili da parte di un eventuale osservatore esterno per caso presente. Agiscono soprattutto sui sensi interni dell’interessato, i cui sensi esterni agiscono, mi si passi l’ossimoro, passivamente, per risonanza. Risonanza che diventa anche interpretazione.

 

Il Cristo è vento esistenziale, “Spirito”.

 

Il 25 marzo 1981 il novizio formula i voti di povertà, di castità e obbedienza. Lo stesso giorno, dall’offertorio alla consacrazione, la orante riceve una visione, che, con trepida perplessità, superando se stessa e col consenso del suo padre spirituale, invia al novizio.

 

Lettera della Visione

“Alle 6,15 ero già in cappella. Sentivo il bisogno di stare là davanti al tabernacolo in atteggiamento di umile preghiera e ascolto, in esultante inno di lode e ringraziamento alla Trinità Divina per tutti i benefici e doni avuti e in unione con Maria e in Maria cantare a Dio, mio Signore e mio Tutto, il Magnificat in ringraziamento per me e il grande Dono di Grazia legato ai tuoi voti.

Alle 6,40 ha inizio la messa. All’offertorio al posto dell’altare c’è una grande potente Luce…”

 

Visione

 “…e vedo una larga ampia scalinata con non molti scalini, alla cui sommità c’è Gesù, in piedi, maestoso e bello, splendente di Luce. Alla sinistra di Gesù sento la presenza di Persone, che intuisco essere con certezza assoluta il Padre e lo Spirito Santo. Non vedo che Luce splendidissima. Ai piedi della scalinata c’è la Madonna. In lei leggo   la vera felicità, la vera beatitudine, materna e divina.

Maria fa alcuni passi, lenti e calmi verso di te, padre Franco. Ti vedo in piedi, diritto ma solo di spalle. Anche tu sei ai piedi della scalinata, sei rivolto e teso verso Gesù, che è là sulla sommità e ti attende. La Madonna ti tende la mano sinistra e tu le offri la mano destra. La Madonna la prende con la semplicità e la tenerezza di una giovane e felice Mamma, che per mano accompagna il suo bambino a Gesù.

Maria e Gesù si guardano e si sorridono. E’ Beatitudine reciproca.

Gesù aveva una tunica lunga, che Gli copriva i piedi. Bianca fulgidissima. Gesù emanava Luce da tutta la Persona. Era lo stesso Volto luminoso e bellissimo già visto l’11 ottobre 1972, nella “Visita dei Tre con la Vergine mamma” e rivisto a messa il 10 febbraio 1980. Volto di Risorto, di Glorioso, di Vittorioso, visto alla destra del celebrante (don Virgilio…).

La beatitudine della Madonna era come nella “Visita dei Tre Divini”.

Anche lei, Maria, aveva un vestito lungo, ampio, d’un bianco neve, con riflessi di perle, bellissimo. Mentre ho visto te, padre Franco, in pantaloni grigioscuro e casacca grigia, come eri vestito il 15 agosto a Betania…

Ti ho visto di spalle, di dietro: eri un uomo alto, con spalle larghe, ma nel cuore eri un bambino felice semplice desideroso di abbracciare Gesù. Ma non ti ho visto salire che due soli scalini e mi sono trovata con le lagrime sulle guance.

Tutto intorno a me era come prima. Il sacerdote all’altare era ormai alla consacrazione. Il pane e il vino stavano per diventare il Corpo e Sangue di quel Gesù, che avevo appena contemplato Glorioso e Splendente”.

 

NB La orante fu sconcertata dalla visione perché attraverso di essa intuì che il Signore chiamava il neoconsacrato gesuita a orizzonti maggiori. A una generosità abramica. A superare i limiti della sua vocazione gesuitica.

Il novizio proferì l’amen non sulla base di quella visione ma grazie a una misteriosa irrefrenabile costante mozione interna.

Nella visione appariva in panni laici, “alto”, “con spalle larghe”, capace di indipendenza e di creatività più autentica. Per la maggior gloria di Dio, come si addice a un gesuita ignaziano. A un figlio dello spirito e dello Spirito.

La orante, quando l’ex-gesuita optò per la profezia, contestando medioevo e papismo, ne fu scandalizzata, interrompendo ogni rapporto formale.

Il che confermò il profeta nella convinzione che i suoi Doni erano divini e non frutto del background cattolico veneto.

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